👇 Di seguito l’articolo pubblicato da VareseNews, a firma del vicedirettore Michele Mancino che sull’argomento “POS” ha sentito il parere del presidente provinciale e consigliere nazionale di Fipe, Giordano Ferrarese
Fino a pochi anni fa i commercianti si lamentavano del costo troppo alto del Pos, il dispositivo che permette di accettare pagamenti con carta di credito, di debito e prepagata. Da cinque anni a questa parte, secondo l’Osservatorio ConfrontaConti.it e SOStariffe.it, quel costo è sceso molto. I dati della ricerca indicano infatti che per l’installazione si è passati a 22,82 euro (-66,5%) di media, mentre il canone mensile è sceso a quota 6,60 euro (-63,6%).
È OBBLIGATORIO AVERLO
Oggi avere il Pos è un obbligo di legge che prevede una sanzione per quegli esercenti e quei professionisti che non consentono ai loro clienti di pagare con la carta anziché in contanti (30 euro che viene aumentata del 4% del valore della transazione).
Secondo il rapporto “Sistema dei pagamenti” della Banca d’Italia, nel 2021 il numero dei Pos attivi nel Belpaese era di 3 milioni e 900mila – cifra che supera abbondantemente i 4 milioni se si tiene conto anche dei Pos delle Poste-, mentre i costi stimati per l’insieme degli strumenti di pagamento, al netto dei trasferimenti monetari (ad es. commissioni) che costituiscono, rispettivamente, ricavi per i fornitori e costi per gli utilizzatori, ammontano a circa 13,6 miliardi di euro (0,80 per cento del Pil, era lo 0,90 nel 2009). Il 48,2 per cento di questi costi è sostenuto dagli intermediari finanziari, tra cui le banche, mentre il restante 51,8 per cento dalle imprese e dagli esercenti.
CRESCONO I COMMERCIANTI E I CLIENTI “NON POS”
Nonostante la diminuzione dei costi, per alcuni commercianti, soprattutto i più piccoli, il Pos può rappresentare ancora una voce in perdita. La verità è che la convenienza di averne uno accanto alla cassa dipende anche dalla categoria merceologica a cui appartiene l’esercente.
«Se entro in una gioielleria per comprare un orologio da mille euro – spiega Giordano Ferrarese, presidente provinciale della Fipe (presidente provinciale Federazione italiana pubblici esercizi, nella foto) – ho tutto il tempo per meditare sull’acquisto e sull’utilizzo della carta di credito, anche perché difficilmente le persone viaggiano con mille euro in contanti in tasca. Ma in un bar che fa le colazioni, dove la mattina tutti hanno una maledetta fretta, il tempo diventa la variabile fondamentale e pagare un caffè con la carta di credito spesso crea code e attese lunghissime, complicando il lavoro all’esercente».
LO STATO CI OBBLIGA A USCIRE IN PERDITA
Quindi c’è un primo tema legato all’efficienza del mezzo di pagamento quando si ha poco tempo a disposizione. Ritornando sulla questione dei costi, il presidente della Fipe è ancora più esplicito: obbligare anche i piccoli esercenti ad avere il Pos, è come obbligarli ad uscire in perdita. «Se la cifra è grossa – sottolinea Ferrarese – non ho problemi, ma se per un cioccolatino del costo di 50 centesimi devo pagare una commissione di 60 centesimi è chiaro che non è più conveniente. Lo stesso discorso vale per il caffè. Se non si azzera la commissione, la perdita rimane».
E il piccolo commerciante non può certo scaricare quel costo a valle, cioè sul cliente, senza rischiare di perderlo.
Il caso sollevato dai tabaccai, che lavorano a ricavo fisso, in questo senso è interessante.
I COSTI
Accettare un pagamento con la carta di credito, per l’esercente può arrivare a costare fino al 5% dell’importo a cui bisogna sommare l’affitto del Pos, le spese una tamtum e anche quelle per la manutenzione. Secondo la ricerca dell’Osservatorio ConfrontaConti.it e SOStariffe.it, la commissione media per chi utilizza il circuito Pagobancomat è pari all’1,40%. In questo caso, scegliere un Pos fisso (quello tradizionale sul banco) conviene di più, perché in quel caso la commissione applicata alla transazione è pari, in media, all’1,27%.
Anche le commissioni sui pagamenti con carte che utilizzano altri circuiti fanno segnare un’evidente tendenza al ribasso. I dati medi rilevati dall’indagine, infatti, certificano una commissione pari all’1,66%. Si tratta di un calo netto (quasi un punto percentuale) rispetto a quanto rilevato nel 2017, quando la commissione media era pari al 2,56%. Per le commissioni, il pagamento tramite Pos fisso continua ad essere la scelta più conveniente per gli esercenti. La commissione media applicata, in questo caso, è pari all’1,61% .
LA FATICA DEGLI ANZIANI
«È vero che il Covid ha dato una forte accelerata alla digitalizzazione – conclude Ferrarese – ma i più anziani, per una questione culturale, non hanno dimestichezza con i pagamenti digitali e fanno fatica a farli. Quando non ci riescono, sbagliando per due o tre volte a digitare il pin, ci rimangono male e accade che affidino all’esercente la digitazione. Certamente è un atto di fiducia significativo, al tempo stesso però è pericoloso per la privacy del cliente. Noi non siamo contrari al Pos, ma occorrono una maggiore attenzione e ascolto di esercenti e consumatori».